Velasquez's Logbooks

Bee: Che si fa oggi? 🙂

Steffy: Non so, non abbiamo piani  😐

Bee: You are always groggy and without plans 🙁

Steffy: Ok shall we? 😳

Bee: Where are we going? 😮

Steffy: Non lo so ancora! We will see!!! 🙄

 


No plans today, no plans Tomorrow, groggy every morning.

Svegliarmi con poca voglia di fare e poi ritrovarmi in mezzo alla natura a camminare per ore, sembra sia sempre stato nel mio DNA. Non c’è giornata in cui io parta col piede giusto, ma sempre con quel feeling che la norvegese ormai mi ha incollato addosso. Groggy, in inglese significa intontito, è ormai il mio secondo nome. E quando qualcuno la mattina mi dice cosa devo fare, io la faccio senza tanto entusiasmo. Accendo il motore dell’auto, apro il cancello e parto per un luogo che ancora non ho pianificato bene. “Facciamo una giornata di trekking” è questo il mio intento ma ancora non so dove e per quanto dovrò camminare. Fino a che mi ritrovo sulla linea dello start di uno dei più bei sentieri da trekking di tutta l’isola: Miniere nel blu. Si parte da Masua con tanta voglia di camminare e la si finisce a Cala Domestica, con l’urgenza di togliersi gli scarponi e i piedi indolenziti. Ma lei, la norvegese busy Bee, è più forte di me e questo è un percorso che voglio mostrarle. Una via panoramica lungo la costa dell’Iglesiente che riprende i camminamenti dei minatori che qui lavoravano per portare a casa il loro povero salario. Anche se c’è da dire che per loro, in questi luoghi, non c’era niente di così esteticamente attraente, nemmeno quel blu intenso del mare e del cielo che poteva forse attenuare le loro fatiche all’entrata e all’uscita dai loro massacranti turni di lavoro.

 


 

Miniere nel blu

 


 

Ancora oggi risalendo il pendio di Bega sa Canna vicino a Porto Flavia possiamo notare che tante di quelle pietre che calpestiamo sono i resti di un lavoro incessante subito da questa terra nei secoli passati. Lavoro prodotto dalle mani di migliaia di sardi, molti dei quali sradicati dalle loro tradizioni agropastorali e abbagliati dal sogno di un futuro migliore. Faccio fatica ad identificarmi con quegli uomini e non capisco come si potesse lavorare così duramente per tante ore al giorno. Questo è sempre stato il mio pensiero ricorrente mentre cammino per questi sentieri sui quali è già dura una passeggiata durante una bella giornata primaverile. Chapeau a quegli eroi di un mondo sotterraneo fatto di sudore e sangue. Dal Monte Nai, la vista spazia a sud verso la grande miniera di Masua  e tutta la costa puntellata dai faraglioni di Nebida è una miscela di colori che vanno dal blu profondo al turchese. I ripidi camminamenti sono pieni di escursionisti e oggi gioco a riconoscerne la loro nazionalità.  Primi i locali, persone gioiosamente rumorose che si godono il luogo anche dimostrandolo a chilometri di distanza. Secondi i tedeschi: camminano come Munari a Montecarlo e muti fino al traguardo. Un giapponese: a parte la banale osservazione sugli occhi a mandorla, l’ho riconosciuto dalle sue macchine fotografiche. Hanno intimorito talmente la mia Nikon D 7000 (ovvero la macchina della norvegese) che quasi si riponeva da sola nella borsa.

 


 

Miniere nel blu

 


 

E la mia compagna di viaggio, con la sua gentilezza nordica e che non apprezza il mio cercare di identificare le persone che incontro. La rassicuro che non lo faccio per nazionalismo o altri beceri pensieri, e lei mi risponde che anche quelli che ho incontrato potrebbero avermi riconosciuto come italiano. Norvegia – Italia 2-0. Rimessa la palla al centro e di nuovo concentrati sul percorso, rifletto sul fatto che non c’è mai un momento in cui possiamo rilassare gli occhi, nemmeno quando ci si ferma per una breve sosta. Il Pan di Zucchero, il più alto faraglione del Mediterraneo, è là che si staglia sul mare sotto di noi e guardare la sua mole è impressionante quanto vederla dal basso quando ci passiamo vicini con il nostro kayak. Pochi scatti con la nostra macchina fotografica e si riparte, sempre in un costante alternarsi di salita e discesa. La macchia mediterranea profuma di ginepro e i fiori delle ginestre finalmente ci accolgono con esplosioni di giallo. Vivere in un luogo così è forse la cosa più bella che mi è stata regalata nella vita; me lo dice ogni giorno la norvegese che con gli occhi continua a scansionare ogni millimetro quadrato di terreno, trovando la bellezza anche in uno scarabeo azzoppato che si trascina fuori dal sentiero.  Ogni tanto ci ritroviamo a percorrere settori tanto vicini alla scogliera da toglierci il fiato. Stare così in alto su una parete rocciosa non è mai stato un problema per me, ma talvolta scenari come questi intimoriscono con la loro gigantesca teatralità. A Canal Grande arriviamo quasi attratti da un profumo di carne arrosto che proviene dal fuoco acceso da alcuni escursionisti gastronomici. Il panorama è sempre splendido e il mare risuona come in una conchiglia, spingendosi fino all’interno del tunnel della più importante cavità della zona. Ma non voglio fermarmi vicino a loro e fare l’uscita in pubblico con la mia povera piadina comprata poco prima in un discount della zona. Questi vincono facile, penso tra me, e quindi dico alla norvegese che proseguiamo, mentre in inglese mi continua a borbottare “food”. Dopo un’altra mezzora per trovare un luogo che si accostasse alla precedente bellezza di Canal Grande e riempito lo stomaco e azzerato il feeling hungry, si riparte per l’infinito saliscendi che conduce a Cala Domestica.

 


 

Miniere nel blu

 


 

E là, in lontananza, La torre di Cala Domestica ci indica la direzione mentre il sole inizia a calare all’orizzonte  rimpiazzando il blu con un giallo arancio. Molti non si chiedono come questi percorsi siano oggi così frequentati e famosi. In tanti pensano che i camminamenti rimangano puliti costantemente. Ma c’è una cosa da dire: anni fa questo bellissimo percorso è stato inventato da un gruppo di appassionati di trekking. Tanta fatica per pulire quelle che erano ormai solo le tracce di vecchie mulattiere e carrarecce minerarie. Un lavoro di pochi che oggi diventa la possibilità per tanti di ammirare l’interessante costa dell’Iglesiente, i suoi siti minerari, le incredibili formazioni rocciose di Canal Grande e una vecchia torre costiera. In pochi chilometri i visitatori possono identificare i tanti tasselli della storia di questo territorio, lunga più di 500 milioni di anni e che ha di sicuro ancora qualcosa di non detto.