Cuile Vilithi Vilithi – Supramonte – Oliena
Da quando ho iniziato ad andare per sentieri, ho notato come i modi per segnalarli siano cambiati negli anni. Quarant’anni fa era difficile trovare un segnale che fornisse una benché minima indicazione, un piccolo simbolo che, anche psicologicamente, rendesse il cammino più facile e il luogo più familiare. Oggi la miriade di segnali che si trovano disseminati su rocce, alberi e muri di vecchi ruderi, fa sì che il camminare sia diventato qualcosa alla portata di tutti, anche di chi non è proprio un esperto escursionista.
Mi sono domandato più volte se ci fosse qualcosa di sbagliato in questa ridondanza di informazioni visive che, invece che facilitare, stesse invece diventando fuorviante per chiunque.
Certo, ho sempre amato gli ometti di pietra, che crescono in base alla presenza dell’uomo sul territorio. Un simbolo che ti indica la via, senza troppi fronzoli, senza mai indicarti che quella è la giusta via o il tuo obiettivo. Da quei cumuli di pietre, puoi capire quanto quel sentiero sia frequentato, senza mai darti la garanzia di stare sulla giusta direzione. Per persone come me che amano orientarsi nella natura, sono un modo perfetto di indicare una direttrice, senza mai dirti verso quale luogo ti stia portando quella traccia sul terreno.
È chiaro che con l’aumento del numero di escursionisti era necessaria una nuova forma di indicazioni, che soprattutto evitasse informazioni fuorvianti e pericolose. Ecco che nella maggior parte dei sentieri battuti si è via via adottata una segnaletica standard, quella conosciuta come segnaletica CAI. Anche l’Agenzia Forestas, che si occupa della rete sentieristica in Sardegna, ha finalmente adottato questo sistema. Non è necessario ripetere che imbrattare i sentieri con vernici di ogni colorazione o soprattutto scimmiottare una segnaletica ufficiale, che oggi è riconosciuta dalla stragrande maggioranza delle persone che vanno per sentieri, dovrebbero essere azioni da prevenire in ogni modo.